Diversità
Gestire le diversità
Il diversity management rappresenta l’insieme delle strategie messe volontariamente in atto da una organizzazione per modificare la propria cultura aziendale.
Tipologie di diversità
Le diversità derivano principalmente da differenze d’età, sesso, etnia, orientamento religioso e sessuale, background socioeconomico, abilità e disabilità.
Work-Life Integration
Il concetto di work-life integration designa la capacità di incorporare il lavoro, inteso in termini di carriera e ambizioni professionali, con la vita privata in ogni sua sfaccettatura.
Gestire le diversità
Per generare coesione e inclusione sociale
Il diversity management si riferisce a programmi, politiche e pratiche che le organizzazioni sviluppano e implementano per gestire efficacemente una forza lavoro sempre più diversificata, promuovendo al contempo l’equità all’interno dell’organizzazione (Prasad e Mills, 1997).
All’interno del concetto di “diversità” rientrano l’identità di genere, l’etnia, l’età, lo stato di disabilità, il credo religioso e l’orientamento sessuale.
Le quattro dimensioni della diversità: relazionale, professionale, sottostante e individuale.
Diversità e Relazioni
La diversità relazionale si riferisce alle differenze nelle interazioni sociali e comunicative tra i membri di un’organizzazione. Tali differenze possono derivare da variazioni culturali, linguistiche o sociali.
Diversità e Compiti
La diversità nei compiti si riferisce alle differenze in competenze, esperienze e conoscenze legate ai ruoli lavorativi. Il team di Bell (2011) porta alla luce che i gruppi di lavoro con competenze varie tendono a ottenere performance migliori grazie alla complementarità delle abilità.
Diversità sottostante
La diversità profonda include differenze non visibili come valori, personalità e atteggiamenti. Harrison e colleghi (2002) evidenziano che queste influenzano la coesione del team e la soddisfazione lavorativa nel lungo termine.
Diversità individuale
La diversità individuale comprende età, genere, etnia e altre differenze demografiche. Joshi e Roh (2009) hanno studiato come tali diversità influenzino dinamiche di gruppo e performance, con effetti variabili a seconda del contesto e del lavoro.
Benefici organizzativi
Conviene gestire le diversità in azienda?
Cox e Blake (1991) hanno identificato numerosi benefici organizzativi attribuiti alla diversità. Tra questi: riduzione dei costi, vantaggi nel mercato del lavoro, miglioramento delle competenze funzionali all’internazionalizzazione organizzativa, incremento della capacità di attuare processi di integrazione interna, aumento della creatività e della qualità del problem solving, e incremento delle risorse intangibili come reputazione, motivazione e fidelizzazione dei dipendenti.
Overview
L’attuale scenario economico e sociale globalizzato si contraddistingue per un processo di continuo mutamento causato dalla pervasività dell’innovazione tecnologica, da un incessante sviluppo dei modelli organizzativi e dei processi produttivi, che inducono i sistemi d’impresa ad adottare politiche gestionali tese a offrire eguaglianza di opportunità e piena valorizzazione delle risorse umane. In questo contesto le organizzazioni sono tenute ad esprimere un’elevata capacità di adattamento e a ricercare modelli, processi e forme organizzative più flessibili e dinamiche, che rispondano all’esigenza di innovazione e centralità della persona.
Work-Life Integration
A causa del mutevole equilibrio tra responsabilità lavorative e personali, Noor (2002) ha spiegato che la ricerca in ambito lavorativo-familiare è aumentata drasticamente negli ultimi due decenni.
L’aumento della ricerca è stato causato dall’incremento di una concorrenza globale che ha prodotto fusioni, ridimensionamenti e acquisizioni; cambiamenti nelle politiche e nei regolamenti governativi, socioeconomici e demografici; aumento della complessità dei ruoli lavorativi e familiari; innovazione tecnologica; maggior numero di donne che entrano nella forza lavoro; aumento del livello di stress lavorativo e del suo impatto sulla salute e sul benessere dei dipendenti (Perry-Jenkins et al., 2000).
L’integrazione vita-lavoro riguarda il modo in cui ciò che consideriamo “vita” o aree “personali” si intreccia con ciò che consideriamo “lavoro”. Non è la stessa cosa dell’equilibrio vita-lavoro in cui ci si aspetta, a volte, irrealisticamente di elaborare un equilibrio di allocazione del tempo che separa le richieste di lavoro e le esigenze della vita personale. Il work-life integration è realistico ed ha dato credito alla definizione più olistica di una carriera come la somma di chi sei e di tutto il lavoro che svolgi in tutti i ruoli della tua vita.
L’integrazione rappresenta una strategia che prevede un coordinamento efficace ed efficiente degli sforzi e delle energie tra tutte le parti interessate che condividono l’interesse e i benefici organizzativi in grado di adempiere e di passare tra i loro obblighi personali, lavorativi, familiari e comunitari (Ashforth et al., 2005).
Si sta progressivamente eliminando il concetto di ‘”equilibrio”, a favore dell’ integrazione, o addirittura della armonia, definita dall’Alleanza Tripartita per le Pratiche di Occupazione Eque e Progressiste (TAFEP) come: “uno stato in cui un individuo è in grado di raggiungere obiettivi sia personali che professionali in una combinazione soddisfacente“.
È un approccio che crea più sinergie tra tutti gli ambiti che definiscono la “vita”: lavoro, casa / famiglia, comunità, benessere personale e salute (Alhejji et al., 2016).
Leggi in materia
È importante citare, tra le principali novità introdotte dalla Legge n. 162/2021, entrata in vigore dal 3 dicembre 2021, la “Certificazione della parità di genere”, che attesta le politiche e le misure concrete adottate dalle aziende per ridurre il divario di genere, in relazione all’opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale a parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità. La Legge ha previsto la redazione di un rapporto più dettagliato sulla situazione del personale maschile e femminile, richiesto ogni due anni alle aziende con almeno 50 dipendenti, che dovrà riportare, altresì, le retribuzioni e i premi riconosciuti ai lavoratori di entrambi i sessi. È stata inoltre introdotta una nozione più ampia di “discriminazione”, che include ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età, di esigenze di cura personale o familiare, possa porre il lavoratore in una posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori, limitarne le opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali, limitare l’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.